Tim, l'eterno fanciullo di Burbank
Tutti dicono che i miei lavori fanno pensare a Tim Burton e c’è chi vede una contaminazione diretta tra il suo immaginario e il mio. Spesso questo mi spiazza, soprattutto se tale affermazione arriva da qualcuno che non ha troppi criteri di paragone. Poi, riflettendoci bene, mi sento lusingato e ragiono su quanto sia fondamentale la sua presenza nella scena artistica contemporanea. Se Peter Greenaway è per me un padre, dal punto di vista della ricerca espressiva, Tim Burton posso considerarlo a tutti gli effetti un fratello maggiore, non solo per vicinanza di età, ma anche come lume creativo da emulare. Una cosa è certa, se il partire dalle ossessioni di Greenaway e da tanto cinema d’autore europeo è una scelta, frutto di una costruzione culturale ponderata che mi ha permesso di strutturare le fondamenta di una poetica personale, Tim Burton piomba nel mio immaginario con prepotenza, contaminandolo con quell’esigenza pop che per tanti anni mi sono rifiutato di accettare. Il suo lavoro mi ha accompagnato fin dalla giovinezza, durante gli studi, fino a oggi, affascinandomi e regalandomi una visione macabra, romantica e familiare.
Quando penso al tanto lavoro fatto, per capire cosa c’è di giusto o di sbagliato, per fare il punto sul mio continuo arrancare tra scrivere, disegnare, tentare di fare film e animazioni, io stesso mi rendo conto di quanto sia presente l’influenza di Tim Burton nel mio immaginario. Lo ammiro enormemente e lo invidio, non per il suo successo, meritatissimo, ma per la capacità di rimanere fanciullo, di dispensare poesia con spontaneità, di riuscire a rendere tangibile la propria fantasia e di farla arrivare a persone di qualsiasi età e cultura. E soprattutto lo ammiro perché ritengo lui sia il più grande maestro della sopraffina arte dello scarabocchio.
Aspettando la sua mostra a Torino, al Museo Nazionale del Cinema, ho voluto studiare Tim Burton ancora una volta, mettendo insieme appunti e schizzi, per ragionare e fermare nella mia mente concetti e immagini. Certo, è strambo disegnare i suoi personaggi alla mia maniera, ma è un processo catartico e queste pagine sono il mio piccolo sentito omaggio al suo mondo meraviglioso.
Stefano Bessoni – agosto 2023
Il libro di Stefano Bessoni è la guida più originale e creativa che si possa concepire su quell’universo meraviglioso. Sicuramente perché scritto da un regista-artista-illustratore e non da un critico o uno storico del cinema di professione. Inoltre, Bessoni possiede uno sguardo incantato e fanciullesco che ha molti punti in comune con quello esuberante e universalmente conosciuto di Burton. Ma, soprattutto, questo libro consente di ripercorrere la carriera artistica del regista americano attraverso un racconto accurato e coinvolgente, impreziosito da una serie di illustrazioni che sono esse stesse affascinanti interpretazioni dei personaggi burtoniani.
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Domenico De Gaetano
Direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino